“E' previsto che i luoghi siano solo cose…senza
affetto...e che il destino dei luoghi sia condizionato dall'inefficienza delle
istituzioni e dall'indifferenza dei più…
Fortunatamente alcuni luoghi hanno un'anima e l'anima sopravvivrà' nonostante tutto”
Fortunatamente alcuni luoghi hanno un'anima e l'anima sopravvivrà' nonostante tutto”
Parco della Madonnetta e perché della
Madonnetta?
Era dal 1969 che vivevo ad Acilia e
quel terreno che degradava dalla Via di Acilia verso il mare era stato sempre
un mistero. Un’enorme lingua verde senza piante lunga 1.200 metri e larga 200
metri con un casale diroccato schiacciato da un pino piegato dal vento, il
casale del pastore, le pecore e tanto mistero su come si fosse salvato fino ad
allora dall’abusivismo dilagante. Madonnetta perché, come scoprii in seguito,
in quel terreno si narrava esistesse un tempio pagano oppure per la statuetta
custodita nella teca giù verso Macchia Saponara.
“17 ettari a verde pubblico, 3000 metri
quadri da costruire e come li manterremo 21 ettari di verde. C’è, qualcosa che
non quadra. Troppo verde, poca cubatura. In 4 ettari di verde profit quanti
campi da tennis o di calcetto c’entrano?” rimuginavo sempre più impaurito.
“Babbo, non ce la faremo mai. Troppi oneri.”
dicevo.
“Stai tranquillo. La studiamo bene. Ce la
faremo” con queste parole mio padre cercava di rassicurarmi.
C’era qualcosa che non mi quadrava ma
nello stesso tempo pensavo che un’occasione così non mi sarebbe mai più
capitata. E in più non è che mi fidassi troppo del Comune che aveva promesso di
liberare il terreno dal pastore.
Noi stavamo rifacendo i progetti lavorando
come dei pazzi. Ogni settimana andavamo nelle Marche da Marco, il geometra, ma
il pastore era ancora lì e una volta, insieme a mio padre, mentre facevamo un
giro nella parte alta del terreno che sembrava avesse abbandonato, ci beccammo
anche una schioppettata poi raggiungemmo un accordo col pastore intanto che il
comune decideva sul da farsi.
“Il progetto è pronto” dissi a
Mastrangelo “ma che facciamo col
pastore?”
La grande concessione di Satgia fu
quella di permetterci di posizionare una casetta sul fronte di Via di Acilia
poiché le pecore non arrivavano mai fino lì.
Lo facemmo costruendocela da soli. Una
casetta in legno di pochi metri quadri con lo scheletro in tubi innocenti che
mio padre e Marcello, un nostro amico, costruirono dal nulla in pochi giorni.
Non appena finita la costruzione facemmo fare uno striscione che già
prefigurava ciò che stavamo iniziando a fare. “20 ettari di verde” c’era scritto…ne mancava uno.
Dovemmo anche far rimuovere un
container che serviva da ufficio vendite di una cooperativa che stava
costruendo davanti al parco che si trovava su Via di Acilia.
E cominciammo ad aspettare, cosa che
poi accadde sempre più spesso, le decisioni del comune. Ci avevano intanto
comunicato che l’altro Punto Verde che ci eravamo aggiudicati aveva dei
problemi di esproprio e quindi cominciavamo a temere che, vista la situazione
col pastore, potessero esserci dei seri problemi anche a Madonnetta.
“Il progetto è pronto” dissi ancora a
Mastrangelo “ma il pastore non ha nessuna
voglia di andare via. Accampa dei diritti nei confronti del comune e tanta
gente è schierata con lui.” E ancora “sapessi
quanti tecnici del comune vengono a prendere l’agnello a Pasqua”
Mastrangelo mi guardò storto e questo poi accadde tante altre volte quando
dicevo verità che non voleva ascoltare.
“Organizziamo uno sgombero” disse
chiamando Volpe, l'Architetto Volpe – secondo di Mastrangelo - con il quale poi ebbi un bel “problema”, per
comunicargli la decisione e Volpe disse “si
…e quando lo leviamo da lì”
Si
provò a sgomberarlo una volta e poi un’altra volta ma con nessun successo.
Avvocati, ricorsi, troupe televisive, cittadini infuriati contro di noi.
“Ecco una diffida al comune” dissi
posandola pesantemente sulla scrivania di Mastrangelo” fate qualcosa oppure sarò costretto a fare causa”
“Va bene” rispose Mastrangelo “facciamo questo sgombero sul serio ma ti
chiedo un piacere. Dovresti dire a tuo padre se si può interessare per trovare
un acquirente per le 200 pecore. Io posso risolvere per il pastore ma non
possiamo rischiare che per le pecore salti tutto”
“Va bene” risposi e chiamai il vecchio.
Era una bella mattina e poteva essere
quella giusta. Lungo Via di Macchia Saponara uno dopo l’altro arrivarono tutti.
2 macchine della polizia, 3 macchine di vigili urbani, l’ambulanza, 3 macchine
del comune e alla fine anche il camion per portare via le pecore. Agostino, il
pastore, stava lì come le altre 2 volte seduto su una sedia e incatenato al
cancello. Tutto era pronto per un epilogo già scritto. Quando arrivò Mastrangelo
con l’impegno da parte del Comune di corrispondere un indennizzo di 200.000.000
di lire per il pastore l’aria si rasserenò. In maniera molto sbrigativa
Mastrangelo si mise a scrivere un verbale sul cofano della 127 di mio padre
invitando poi, ad accordo firmato, Agostino a contrattare velocemente il prezzo
per le pecore. Mio padre aveva già organizzato tutto e la contrattazione fu una
formalità. Dopo poco vedemmo salire le pecore sul camion con destinazione
Visso, tutte meno 5 che volle comprare mio padre e che trovammo sgozzate dopo
una settimana.
Ce l’avevamo fatta. Si poteva
cominciare. Quello fu solo il primo di una interminabile serie di inizi.
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