Punti Verde Qualità, il Comune «alza le mani»
La relazione «urgentissima» dell’assessore Estella Marino: subito interventi o danni enormi

Una relazione «urgentissima» da parte dell’assessorato all’Ambiente, guidato da Estella Marino, è stata inviata il 17 febbraio a sindaco, vicesindaco, assessore al Bilancio e, tanto per essere precisi, al capo di gabinetto, al segretario generale, al ragioniere generale, al Capo dell’Avvocatura e al direttore del dipartimento Risorse Umane. L’oggetto, del resto è delicato: Punti verde qualità. Una delle pagine dell’amministrazione capitolina rimaste "oscure" per quasi vent’anni e sulle quali solo tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 si è cominciato a fare chiarezza con un’inchiesta che conta, ad oggi, sette indagati. La vicenda parte da lontano, nel 1995 quando l’allora amministrazione Rutelli mise a bando la realizzazione di impianti aperti alla cittadinanza e la gestione di aree verdi in stato di abbandono e degrado. Il nodo del progetto, messo in evidenza dalla magistratura, consiste sostanzialmente nell’aver approvato - tramite determinazione dirigenziale, l’opportunità per i vincitori del bando di contrarre mutui a copertura dei finanziamenti necessari alla realizzazione della struttura e, contestualmente, l’obbligazione fidejussoria del 95% dell’importo finanziato a carico del Comune di Roma. In altre parole, si vinceva il bando, si chiedeva un mutuo che il Campidioglio garantiva addirittura fino al 95%. La gestione dei Punti verde qualità è fissata per convenzine a 30 anni. Il risultato? A quasi vent’anni dalla prima delibera ci sono 18 Punti verde qualità realizzati e in attività, 10 in corso di realizzazione, 11 in progettazione e 22 assegnati ma non su aree comunali, caso quest’ultimo che rientra sempre nell’inchiesta aperta dalla procura. E le casse capitoline che sotto la voce fidejussione punti verde qualità conta ben 350 milioni.
Una situazione paradossale della quale si è resa conto l’assessore Estella Marino. Nella relazione stilata dal direttore della gestione territoriale, dal capo dipartimento e sottoscritta dalla Marino stessa, vengono "amaramente" messe nero su bianco le criticità - elencate in ben trenta punti - di una situazione sulla quale a Porta Metronia si alza "bandiera bianca". A partire dalla ricostruzione dell’intera vicenda, sulla quale gli archivi risultano praticamente "vuoti". «anche in seguito - si legge nel documento - del sequestro operato su incarico della Procura della Repubblica dalla Guardia di Finanza che non ha a suo tempo richiesto copia conforme dei documenti oggetto di sequestro, ma che ha proceduto direttamente all’asportazione di interi "blocchi documentali" in originale non lasciandone traccia, neanche in copia, agli atti d’ufficio». La gestione del settore dunque ad oggi poggia su pochi documenti rimasti, su elenchi e schede parziali su «informazioni tratte dalla memoria del personale». Il "malato" insomma sta peggio di quanto diagnosticato e la cura non è di facile individuazione. E soprattutto, sottolinea la relazione, non può essere affidata alla sola direzione di area dipartimentale. Serve dunque una «task force» interassessorile, con «natura, poteri e attribuzioni straordinari». Non solo sarebbe pesino opportuno coinvolgere «i competenti organi di amministrazioni diverse da quella comunale, al fine di valutare congiuntamente - si legge nella relazione - soluzioni normative e regolamentari ad hoc».
Sin qui la storia dal punto di vista "tecnico". Da quello più politico è interessante sottolineare la conclusione della relazione: «Nella non auspicata, e men che mai auspicabile, ipotesi della mancata attivazione di adeguate forme di intervento... a questo Assessorato e al correlato Dipartimento non potranno ascriversi responsabilità politiche, amministrative e gestionale per i danni che deriveranno a carico di Roma Capitale, anche a seguito delle numerose situazioni di contenzioso, e per le tensioni politico-sociali ed occupazionali, nonché di altra natura, che verosimilmente potranno associarsi alla degenerazione del progetto "Punti Verde"».
Un chiaro messaggio politico messo nero su bianco, che in altri tempi, non sarebbe stato necessario tra assessore e sindaco, che mette all’angolo l’artefice dello scandalo dei Punti verde qualità: la politica. Peccato però che a muovere le fila delle casse capitoline ci sia un tecnico e che da un punto di vista amministrativo (ed eventualmente giuridico) non basta una lettera a sollevare dalle responsabilità l’assessore e il capo dipartimento competenti. La domanda allora nasce spontanea: Marino salverà Marino?
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