Debiti, tangenti e processi Il buco nero dei Punti verde
ROMA - Sul sito web del Campidoglio la descrizione dei Pvq, un acronimo che sta facendo lavorare duro i magistrati di piazzale Clodio per il marcio che affiora dalle indagini e la vagonata di quattrini pubblici buttati al vento, è talmente bucolica da evocare certi parchi urbani scandinavi, con la staccionata e le aree-giochi tirate a lucido. «Punto Verde Qualità è l'espressione scelta per indicare un innovativo programma per il recupero di aree abbandonate...». Bene, vediamo come: «L'Amministrazione ha realizzato una sintesi tra la tutela ambientale e la nascita di società di gestione che costituiscano un volano per l'occupazione». Già, un volano. Per fare cosa? «Nei Pvq - prosegue l'ottimistico annuncio - sono spesso presenti bar, campi sportivi, asili nido, ludoteche, palestre, piscine, bagni pubblici e aree ludiche per i cani».
Svago, relax e cagnetti scodinzolanti. Fantastico. Fosse vero. La realtà, in questa storia di rapporti opachi e mazzette tra imprenditoria e uffici capitolini raccontata da centinaia di intercettazioni in slang romanesco, è decisamente un'altra: un intervento tutto sommato ordinario come il rilancio del verde cittadino attraverso convenzioni con società che, in cambio di un bar o un campo da tennis, si accollassero la manutenzione dell'area, è degenerato in un business colossale e fuori controllo.
I Pvq, nati nella Roma su due ruote di Rutelli e transitati tra molte ombre in quella veltroniana, nel quinquennio agli sgoccioli di gestione Alemanno hanno finito per evocare ben altro: assalto alla cassa, affari illeciti.
Su 67 Punti verde programmati (per un totale di 400 ettari) quelli conclusi sono un terzo. Una decina sono in fase di realizzazione, una ventina di progettazione e altrettanti vanno spostati per vincoli, espropri o altro. E poi ci sono quelli nel mirino della Procura: tre già «spacciati». Il primo filone d'inchiesta per corruzione e truffa relativo ai Punti verde Spinaceto, Feronia e Tor Sapienza, infatti, viene considerato chiuso: a breve arriveranno le richieste di rinvio a giudizio per gli imprenditori arrestati a marzo (Massimo Dolce e Marco Bernardini), gli architetti comunali Stefano Volpe e Maria Parisi accusati di aver «oliato» le pratiche in cambio di danaro, smartphone e televisori, e gli altri 8 indagati, tra i quali Giancarlo Scarozza, cognato di quel Gennaro Mokbel noto per più eclatanti intrallazzi.
Ed è proprio su questa prima tranche che oggi, dalle carte, emerge una novità importante. Qualcosa che potrebbe far da volano, sì, ma nel senso di far salire l'inchiesta di livello. L'intercettazione risale al 6 dicembre 2011. Bernardini (concessionario di Spinaceto) e Volpe (l'architetto) parlano al telefono. Il primo, spiega un report del Nucleo di polizia tributaria, «riferisce che Stefano Salsa, appartenente allo staff dell'assessore all'Ambiente, avrebbe contattato il responsabile del Banco Credito cooperativo presentandosi come segretario dell'assessore Visconti» per «procedere con il Punto verde Parco Spinaceto».
In ballo c'è il secondo stralcio di mutuo per 8,7 milioni di euro. Segue un'altra telefonata dell'architetto a Dolce per fissare la stipula «prima di Natale, tra il 17 e il 20...». Cosa che poi effettivamente avverrà e induce i finanzieri a concludere: «Le conversazioni evidenziano l'erogazione riconducibile agli indagati, su pressione dello staff dell'assessore Marco Visconti».
La politica, insomma, era all'oscuro o complice? Su altri due Punti verde, Olgiata e Parco Kolbe, l'inchiesta è a buon punto: la recente iscrizione tra gli indagati di Andrea Munno, titolare della Edil House '80, nata negli stessi anni in cui militava nell'estrema destra, rimanda a quel milieu di affaristi riciclati nel verde ma inciampati in false fatturazioni e «dazioni» illecite. Tre più due, dunque: e siamo a 5. Ai quali aggiungere gli altri 12 «Punti» sui quali - trapela dalla Procura - le intercettazioni sono iniziate. Morale: 17 aree verdi su 67, una su 4, in odore di gravi illegalità.
«La degenerazione - dice Athos De Luca, il consigliere pd che sull'argomento si batte da anni, senza veli anche rispetto alla precedente giunta - è avvenuta per almeno tre motivi: l'importo troppo alto delle concessioni, ben 15 milioni ad area, i passaggi di mano senza controlli, sulla base di semplici determine dirigenziali, e la mancata revoca in caso di ritardi nel saldo delle rate alle banche. L'unica salvezza è azzerare tutto: cacciare chi ci ha marciato e fare un nuovo bando con regole più severe».
Il vulnus originale che ha dato il via all'assalto, adesso, fa venire i sudori freddi in Campidoglio per i possibili effetti sul bilancio. In due parole: garanzie fidejussorie. Dopo i primi bandi «puliti» del lontano 1995, la progressiva e dissennata scelta degli amministratori è stata quella di garantire le imprese coinvolte nei progetti verdi firmando fidejussioni sempre maggiori.
L'imprenditore, in pratica, andava a chiedere il prestito in banca tranquillo. Tanto, se non lo onorava, ci pensava il Campidoglio (11 milioni nel solo 2011). Cioè tutti noi. «Ahò, hai saputo che con i Punti Verdi prendi i soldi e scappi?» è diventato così il passaparola tra affaristi senza scrupoli. E poco importa se poi, come capita al Torrino, il laghetto sia pieno di schiuma, oppure se nella Città del rugby di Spinaceto, un Pvq da 33 milioni, il campo sia stato previsto troppo corto, ben 23 metri in meno di quello regolamentare... Secondo gli ultimi calcoli, le casse comunali sono esposte con i concessionari per una garanzia di 600 milioni. Nel 2005, sindaco Veltroni, si era a quota 200. Il consiglio votò una mozione per lanciare l'allarme, ma nel 2007 il plafond salì di altri 180 milioni. Poi arrivò Alemanno: ancora 220 milioni e i clientes son contenti... Laghetti? Cagnetti? Partite a tennis nel rigoglioso verde cittadino? No, la Scandinavia è lontana...
Fabrizio Peronaci9 dicembre 2012 | 12:49© RIPRODUZIONE RISERVATA
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