Impianti a canoni stracciati Il Comune perde 2 milioni l’anno
Sono 126 le strutture concesse a prezzi bassi, 32 quelle scadute
Come Mafia Capitale, anche Affittopoli ha avuto un suo ramo «sportivo». Lo scandalo scoperchiato da Il Tempo, infatti, ha coinvolto anche gli impianti sportivi comunali. Almeno 126 strutture concesse a canoni bassissimi a società sportive, le quali a loro volta spesso hanno messo su un vero e proprio business dando vita anche a circoli sportivi esclusivi e frequentati da vip. Parliamo di campi da calcio e calcetto, ma anche di palestre, piscine e campi da tennis. Dai dati resi noti nelle scorse settimane dal Movimento 5 Stelle, sono saltati fuori canoni irrisori (51 euro l’anno il caso limite), ma anche ben 32 concessioni scadute, mentre per altre 16 la scadenza è prevista in questo 2015. Ma non è tutto: sempre secondo l’elaborazione dati, ci sarebbero ben 2 milioni di euro l’anno di mancate riscossioni e altre concessioni della durata di quasi mezzo secolo, quando il limite massimo, sarebbe di soli 30 anni. I canoni bassi e le concessioni dovrebbero servire alle società sportive per avere una funzione sociale e applicare le tariffe calmierate del Comune, come ad esempio per le scuole calcio. Ma questo spesso non avviene. INCASSI RISIBILI
Non è tutto. Perché in realtà il Comune di Roma incassa poche decine di migliaia di euro l’anno per le concessioni degli oltre 160 impianti sportivi di sua proprietà, ma allo stesso tempo è costretto a farsi carico delle rate dei mutui nella veste di garante delle società che non riescono a onorare il proprio debito con il Credito Sportivo. Ammonterebbe a circa 10 milioni di euro, infatti, la quota che il Campidoglio starebbe tutt’ora pagando all’istituto di credito per «quattro o cinque soggetti» che negli anni hanno ottenuto prestiti per ammodernare gli spazi ottenuti in concessione, ma che poi per vari motivi hanno smesso pagare. Soldi che non sembrano esser stati contabilizzati in bilancio e che, in assenza di un piano di rientro ad hoc, potrebbero rappresentare un ulteriore buco nei conti pubblici.FIDEIUSSIONI AD HOC
Negli ultimi 15 anni il Campidoglio ha modificato i criteri di assegnazione dei propri impianti comunali. Non potendo spendere per ammodernarli tutti, ha legato le assegnazioni a due criteri fondamentali: un canone molto agevolato per i progetti di «sport sociale» e concessioni più lunghe per la ristrutturazione dei circoli. Questi lavori di restyling sono stati finanziati attraverso l’accesso a mutui contratti con il Credito Sportivo, di cui però il Comune di Roma si è fatto garante per il 95% dell’importo. Parliamo di un’esposizione fideiussoria totale di circa 50 milioni di euro. IL REGALO AI GESTORI
Il risultato è che l’amministrazione comunale si trova a gestire una patata bollente. Ad agosto 2014 (quando assessore allo Sport era ancora Luca Pancalli) in occasione dell’approvazione del bilancio di previsione, in Assemblea Capitolina passò extremis un emendamento che di fatto bloccava la revoca delle concessioni ai morosi (come da regolamento) e, anzi, dava la possibilità a questi ultimi di rateizzare il debito allungando così la durata dell’assegnazione dell’impianto. Addirittura, una mozione datata 17 marzo 2014 e firmata dal diversi esponenti del Pd puntava alla sospensione del rimborso di parte dei mutui, alla loro rinegoziazione, alla trasformazione della concessione in «diritto di superficie» (ovvero una concessione di 99 anni) o perfino alla vendita degli impianti alle società assegnatarie. Il documento fu approvato ma, finora, mai applicato. ALCUNE SOCIETÀ VIRTUOSE
Non è il caso di generalizzare. Come afferma Massimo Tafuro, presidente dell’Alma Nuoto e della Cogisco (Coordinamento Gestori Impianti Sportivi Comunali). «Molti di noi hanno sostenuto spese importanti per rendere questi centri accoglienti – ricorda – Nel mio caso mantenendo addirittura le tariffe al di sotto di quelle stabilite dal Comune. Vorrei che l’amministrazione comunale facesse dei distinguo fra i centri virtuosi e quelli per vip, dal carattere esclusivo, che hanno altre missioni rispetto a quelle sociali. Come si evince anche dal prezzo delle loro tessere».
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